FAQ parodontologia

In cosa consiste il trattamento parodontale?

La malattia parodontale o parodontite deve essere trattata per prima cosa con la terapia parodontale iniziale o terapia parodontale causale che consiste nel:

  • rimuovere tutti i depositi di placca e tartaro sopra e sottogengivali
  • istruire il paziente ad una corretta igiene orale quotidiana
  • rimuovere tutte le ricostruzioni incongrue che impediscono un corretto mantenimento igienico della bocca (otturazioni e corone protesiche malfatte, rotte o infiltrate, con superfici ruvide e anomalie di forma che favoriscono la ritenzione di placca batterica)
  • estrarre i denti gravemente colpiti ed irrecuperabili
  • splintare a settori gli elementi dentari recuperabili ma gravemente colpiti da mobilità dentaria

La terapia parodontale iniziale – se correttamente eseguita – porta ad una importante remissione di tutti i segni e sintomi della malattia, con la scomparsa di edema arrossamento e infiammazione gengivale e miglioramento della mobilità dentaria. Molto spesso però la terapia parodontale iniziale non risolve gli esiti anatomici della parodontite, che possono portare ad una recidiva dell’infiammazione, con ulteriore progressione della malattia. Essi consistono principalmente nella presenza di tasche parodontali profonde e inaccessibili all’igiene orale domiciliare da parte del paziente e lesioni delle forcazioni dei molari (il punto in cui la radice di un molare si divide in due o tre radici distinte, nei molari inferiori e superiori rispettivamente). Entrambe queste condizioni sono fattori di prognosi molto negativi e la letteratura scientifica è da sempre concorde nell’indicare la necessità assoluta del loro trattamento per mantenere nel tempo gli elementi dentari che ne sono affetti. A tal fine, dopo la terapia parodontale iniziale il paziente viene rivalutato con l’aiuto di procedure diagnostiche specifiche (sondaggi parodontali sistematici e registrazione della profondità di tasca al sondaggio di tutti gli elementi dentali, indice di placca, indice di sanguinamento, mobilità, presenza di lesioni della forcazioni dei molari, presenza di recessioni gengivali) anche di tipo radiologico (full radiografico endorale o status radiografico endorale parodontale) al fine di valutare l’ulteriore necessità di trattamento.

In alcuni pazienti sarà necessario proseguire con la terapia parodontale correttiva che consiste nel ricreare chirurgicamente l’anatomia dei tessuti parodontali superficiali e profondi, in particolare rimodellando il profilo osseo alveolare e i soprastanti tessuti molli gengivali in modo che siamo perfettamente congruenti tra loro e non vi siano più siti con sondaggio parodontale patologico (superiore a 3mm). Ogni qualvolta è possibile, le tasche parodontali intraossee verranno trattate con procedure di chirurgia rigenerativa, volta a ricreare il tessuto osseo perduto. Infatti in alcuni casi le tasche parodontali profonde sono sostenute da lesioni ossee localizzate, che possono essere rigenerate fino all’altezza del picco osseo adiacente. Anche le lesioni alle forcazioni dei molari in questa fase vengono corrette con procedure quali la rigenerazione dell’osso forcale, o – quando non sia possibile, con la rizotomia, la separazione radicolare con idonea riabilitazione protesica, la tunnellizzazione dei molari inferiori per favorire il mantenimento igienico. La terapia parodontale correttiva – se correttamente eseguita – ricrea una anatomia sana e mantenibile nel tempo di tutti i tessuti di supporto del dente, ricrea il supporto osseo parodontale perduto rigenerando le lesioni intraossee, ridona stabilità agli elementi dentari colpiti e ne migliora la prognosi a lungo termine.

Infine il paziente viene indirizzato ad una fase di mantenimento parodontale, che consiste in sedute periodiche di igiene ad intervalli regolari con il controllo degli indici parodontali e rimotivazione all’igiene orale domiciliare e ad un corretto stile di vita. L’obiettivo della fase di mantenimento è quello di scongiurare recidive di infiammazione e malattia. Una presenza assidua ai richiami di igiene e alle visite di controllo parodontale, insieme al mantenimento di un elevato livello di motivazione all’igiene orale domiciliare e ad un corretto stile di vita (come ad esempio evitare il fumo di sigaretta, alimentarsi con cibi sani, fare movimento fisico) permettono al paziente di mantenere nel tempo i risultati ottenuti.

È meglio curare la parodontite o sostituire i denti con un impianto?

È necessario chiarire che, nel paziente suscettibile alla malattia parodontale, estrarre i denti colpiti e sostituirli con impianti è un atteggiamento incongruo ed irresponsabile, che porterà anche gli impianti ad ammalarsi della stessa patologia, definita perimplantite. Il paziente con malattia parodontale deve essere curato e guarito completamente dalla malattia. Tutti gli elementi mantenibili vanno trattati fino a eliminare infezione ed infiammazione, correggere chirurgicamente gli esiti anatomici della malattia, rigenerare le lesioni ossee che lo permettono. Solo i denti completamente irrecuperabili vanno estratti. Il paziente deve poi essere aiutato ad assumere uno stile di vita sano, che lo protegga dalle recidive mediante un’ottima igiene orale domiciliare, una alimentazione corretta e controlli periodici dall’odontoiatra. Solo una volta che il paziente parodontale si sarà dimostrato stabile per almeno un anno dal termine delle terapie potrà sostituire i denti mancanti con impianti dentali, con l’aspettativa realistica di mantenere denti e impianti felicemente e a lungo.

Che cos’è un allungamento di corona clinica?

E’ un intervento chirurgico parodontale che ha come obiettivo quello di allungare la parte di dente che si trova esposta al cavo orale (= corona clinica) cioè non coperta dalla gengiva. Si esegue per ragioni estetiche, quando vi siano denti “corti” (= che non sono erotti completamente con tutta la corona) e “sorriso gengivale” (= che lascia intravedere molto le gengive) e ogni qualvolta sia necessario avere a disposizione una superficie di dente più ampia per ragioni riabilitative (ad esempio per il posizionamento corretto di faccette in ceramica). Ma l’indicazione principale per cui si esegue un allungamento di corona clinica è quella di esporre il margine sano di un dente cariato o fratturato in profondità, al fine di poterlo poi ricostruire in modo pulito (con la diga di gomma), corretto e affidabile nel tempo. Infatti ricostruire un dente in profondità sotto la gengiva senza fare preventivamente l’allungamento di corona clinica impedisce di isolare il dente con la diga di gomma (il dente verrà ricostruito in campo contaminato, con adesione chimica dei materiali non affidabile) ed espone al rischio di aver creato un margine ricostruttivo non corretto (con sovracontorni, difetti a gap, ruvidità di superficie). La presenza di un margine ricostruttivo non ideale in profondità sotto la gengiva, vicino al margine osseo di supporto del dente, è una spina irritativa cronica che porta con il tempo all’insorgenza di una tasca parodontale localizzata in quel punto, con ritenzione di placca, edema, infiammazione e progressione della profondità di sondaggio. Questo potrebbe minare la salute parodontale del dente, anche nell’ambito di un cavo orale sano, non affetto da malattia parodontale infiammatoria. L’intervento di allungamento di corona clinica consiste in un rimodella mento dei tessuti molli (gengivectomia o riposizionamento apicale, secondo il caso) e del tessuto osseo sottostante (chirurgia ossea resettiva, ostectomia, osteoplastica) fino a ricreare una anatomia sana ad un livello più apicale (= più basso, più profondo) esponendo al cavo orale la parte di dente che si ritiene necessario esporre per ragioni estetiche o riabilitative.