FAQ chirurgia orale
In quali casi e a quale età vanno estratti i denti del giudizio?
Non sempre i denti del giudizio, o “terzi molari”, vanno estratti: se non arrecano problemi è un “over-treatment” (sovra-trattamento o trattamento inutile). Quando si “ammalano” la tendenza è, in genere, quella di estrarli: non sono necessari ai fini occlusali e tendono notevolmente a recidivare nelle loro patologie.
I denti del giudizio vengono estratti quando possono creare delle complicanze o quando le hanno create. Durante la fase di sviluppo, da germi a denti completamente sviluppati, la loro estrazione è indicata quando si pensa non possano trovare adeguato spazio in arcata o possano assumere posizioni o inclinazioni che renderebbero complessa e demolitiva chirurgicamente la loro estrazione. A sviluppo radicolare ultimato, solitamente dopo i 18-20 anni, la loro estrazione è consigliabile quando sono prevedibili complicanze legate ai denti del giudizio o queste sono già presenti. Le problematiche legate ai denti del giudizio, solitamente sono: carie, lesioni parodontali con riassorbimento osseo, lesioni cistiche, disturbi occlusali, ecc… Per quanto riguarda il ruolo di “spinta” dei denti del giudizio è una teoria molto dibattuta ma non dimostrata scientificamente. La complessità nell’estrazione è maggiore quanto piú gli elementi dentari sono sviluppati, per cui è preferibile estrarli, se necessario, quando sono allo stato di germe e solo parzialmente sviluppati.
La frenulectomia è necessaria e come si esegue?
Vi sono solitamente tre tipi di frenuli:
- i frenuli vestibolari superiori;
- i frenuli vestibolari inferiori;
- il frenulo linguale.
I frenuli vestibolari, se mantengono separati gli incisivi centrali superiori od inferiori, vengono asportati verso i 10/12 anni. Il frenulo linguale quando troppo corto, tale da obbligare ad una posizione bassa della lingua, viene sezionato a qualsiasi età, anche a pochi mesi dalla nascita. Le tecniche possono essere atraumatiche grazie all’uso di laser o di bisturi a risonanza quantica molecolare. Il bisturi a risonanza quantica molecolare agendo a basse temperature permette una guarigione più veloce dei tessuti rispetto alle tecniche tradizionali e del laser. Gli interventi vengono eseguiti in anestesia locale, in sedazione con il protossido d’azoto o in sedazione endovenosa, in caso di assenza di collaborazione da parte dei piccoli pazienti.
Cos’è un’apicectomia?
Un’apicectomia è un trattamento endodontico retrogrado indicato come cura per un granuloma quando non è attuabile un normale trattamento endodontico (devitalizzazione). Si tratta di un piccolo intervento di endodonzia chirurgica teso a raggiungere l’apice del dente per sigillarlo dall’esterno ed evitare una possibile infezione batterica. Sostanzialmente, attraverso una piccola incisione sulla gengiva ed una mirata osteotomia, si raggiunge la radice, si taglia la porzione periapicale per circa 5 mm e la si ottura. Oggi il materiale di elezione per questa procedura è l’M.T.A.
L’apicectomia viene eseguita in anestesia locale e normalmente il decorso post-operatorio è buono, non c’è necessità di assentarsi da lavoro e non è dolorosa. Può verificarsi, in alcuni casi, un modesto gonfiore che scompare nei primissimi giorni successivi all’intervento.
L’apicectomia è necessaria tutte le volte non sia possibile devitalizzare il dente in modo tradizionale:
- presenza di strumenti fratturati che ostacolano il passaggio nel canale
- presenza di lavori protesici che non sono rimovibili
- presenza di perni moncone non rimovibili
- dente già ritrattato con lesione persistente
Ogni volta che un dente non guarisce dopo una normale terapia endodontica o dopo un ritrattamento endodontico, se si vuole mantenere il dente nella propria bocca e non si vuole ricorrere agli impianti dentali, è consigliabile sottoporsi ad un’apicectomia.